I sogni nella Letteratura: di Pietrino Pischedda
IL SOGNO DI ILIA
Il sogno di Atossa
AESCHYLUS – Persae – ΠΕΡΣΑΙ Gv. 176 – 214
ΒΑ. πολλοῖς μὲν αἰεὶ νυκτέροις ὀνείρασιν
ξύνειμ’, ἀφ’ οὗπερ παῖς ἐμὸς στείλας στρατὸν
Ἰαόνων γῆν οἴχεται πέρσαι θέλων·
ἀλλ’ οὔτι πω τοιόνδ’ ἐναργὲς εἰδόμην
180ὡς τῆς πάροιθεν εὐφρόνης· λέξω δέ σοι.
ἐδοξάτην μοι δύο γυναῖκ’ εὐείμονε,
ἡ μὲν πέπλοισι Περσικοῖς ἠσκημένη,
ἡ δ’ αὖτε Δωρικοῖσιν, εἰς ὄψιν μολεῖν,
μεγέθει τε τῶν νῦν ἐκπρεπεστάτα πολύ,
185κάλλει τ’ ἀμώμω, καὶ κασιγνήτα γένους
ταὐτοῦ· πάτραν δ’ ἔναιον ἡ μὲν Ἑλλάδα
κλήρῳ λαχοῦσα γαῖαν, ἡ δὲ βάρβαρον.
τούτω στάσιν τιν’, ὡς ἐγὼ ‘δόκουν ὁρᾶν,
τεύχειν ἐν ἀλλήλῃσι· παῖς δ’ ἐμὸς μαθὼν
190κατεῖχε κἀπράυνεν, ἅρμασιν δ’ ὕπο
ζεύγνυσιν αὐτὼ καὶ λέπαδν’ ὑπ’ αὐχένων
τίθησι. χἠ μὲν τῇδ’ ἐπυργοῦτο στολῇ
ἐν ἡνίαισί τ’ εἶχεν εὔαρκτον στόμα,
ἡ δ’ ἐσφάδᾳζε, καὶ χεροῖν ἔντη δίφρου
195διασπαράσσει, καὶ ξυναρπάζει βίᾳ
ἄνευ χαλινῶν, καὶ ζυγὸν θραύει μέσον.
πίπτει δ’ ἐμὸς παῖς, καὶ πατὴρ παρίσταται
Δαρεῖος οἰκτίρων σφε· τὸν δ’ ὅπως ὁρᾷ
Ξέρξης, πέπλους ῥήγνυσιν ἀμφὶ σώματι.
200καὶ ταῦτα μὲν δὴ νυκτὸς εἰσιδεῖν λέγω.
ἐπεὶ δ’ ἀνέστην καὶ χεροῖν καλλιρρόου
ἔψαυσα πηγῆς, σὺν θυηπόλῳ χερὶ
βωμὸν προσέστην, ἀποτρόποισι δαίμοσιν
θέλουσα θῦσαι πέλανον, ὧν τέλη τάδε.
205ὁρῶ δὲ φεύγοντ’ αἰετὸν πρὸς ἐσχάραν
Φοίβου· φόβῳ δ’ ἄφθογγος ἐστάθην, φίλοι·
μεθύστερον δὲ κίρκον εἰσορῶ δρόμῳ
πτεροῖς ἐφορμαίνοντα καὶ χηλαῖς κάρα
τίλλονθ’· ὁ δ’ οὐδὲν ἄλλο γ’ ἢ πτήξας δέμας
210παρεῖχε. ταῦτ’ ἔμοιγε δείματ’ ἔστ’ ἰδεῖν,
ὑμῖν δ’ ἀκούειν. εὖ γὰρ ἴστε, παῖς ἐμὸς
πράξας μὲν εὖ θαυμαστὸς ἂν γένοιτ’ ἀνήρ,
κακῶς δὲ πράξας ‑ οὐχ ὑπεύθυνος πόλει,
σωθεὶς δ’ ὁμοίως τῆσδε κοιρανεῖ χθονός.
<<Di notte sono in preda a frequenti sogni,
da quando mio figlio, armato l’esercito,
è andato nella terra degli Ioni, per brama dei Persiani.
Non ancora ci vidi così chiaro come la notte scorsa. Lo dirò a te.
Mi sembrò che due donne riccamente vestite,
una adorna di peplo persiano,
l’altra invece dorico, mi venissero incontro,
molto più alte di quelle odierne,
bellissime, e sorelle dello stesso sangue;
e abitavano una terra avuta in sorte come patria,
l’una greca, l’altra barbara. Ora, a mio modo di vedere,
tra loro nacque una contesa. Ma mio figlio, accortosene,
le trattiene, le aggioga lì per lì al carro
e pone le redini al collo; e mentre l’una andava superba
per questo abbigliamento e teneva la bocca agile
a dominarsi con le briglie, l’altra si dibatteva e
con le mani fa a pezzi gli arnesi del carro e senza freno
lo trascina a forza e rompe a metà il giogo. Mio figlio
cade e compare il padre Dario, non senza dispiacersene.
Appena Serse lo vede, si strappa le vesti dal corpo.
E queste cose dico di aver visto di notte. Dopo che mi alzai
e con le mani raggiunsi una fonte dalle belle acque,
con mano esperta mi accostai all’altare, volendo fare
libagioni agli dei tutelari, fra cui questi sacrifici. Ma vedo
un’aquila che fugge verso l’ara di Febo; per la paura
rimasi senza voce, amici. Poi scorgo uno sparviero
ad ali spiegate avventarsi contro e spennarle il capo
con gli artigli: e quella nient’altro fa che rannicchiarsi
a sua guisa. Queste cose furono terrificanti per me
che le ho viste e per voi che le ascoltate. Sapete bene,
infatti, se mio figlio avrà buona fortuna, sarà un uomo
ammirabile; se invece avrà cattiva sorte, non sarà tenuto a rendere conto alla città: una volta salvo, rimane capo di questa terra>>.
[trad. e commento di p. pischedda]
Roma 13 dicembre 2020
Si tratta di un sogno premonitore, direi scontato, in quanto teso a esaltare la potenza di Atene, che, di fronte a un popolo, come quello persiano, così notoriamente temibile, assume maggiore valore e credibilità. Il sogno della regina, caratterizzato dalla plasticità delle due donne, entrambe esprimenti dignità e orgoglio attraverso le vesti che indossano, e dalla ὕβϱις di Serse, che quale aquila viene annullato da uno sparviero, ha tutti i connotati di una prefigurazione dolorosa di una tragedia annunciata. Serse rappresenta l’uomo perdente e il suo stracciarsi le vesti alla vista del padre Dario può significare sia sottomissione al volere degli dei, sia disperazione per il fallimento dell’impresa. È un sogno da incubo, catastrofico! Atossa è regina e, allo stesso tempo, madre premurosa, che teme per la sorte del figlio, troppo ardito in un’opera dalle incognite più sorprendenti. Le donne aggiogate, al di là della riprovevole umiliazione e sottomissione del gentil sesso, ripropongono il tema spinoso del rispetto della γυνή in ogni tempo e luogo: per quanto figure metaforiche, non possono che dare adito ad ampia discussione e disapprovazione. Dario è una sorta di “deus ex machina” che compare improvvisamente non per risolvere una situazione, ma per commiserare il fatto in sé creato dal figlio.